Cent’anni fa nasceva Laura Conti, la scienziata lungimirante alla quale dobbiamo l’ambientalismo scientifico in Italia e le prime prove di “ecologia narrata”. Recentemente è uscita la sua prima biografia, dalla penna di Valeria Fieramonte
Era nata a Udine giusto cent’anni fa e aveva trascorso la giovinezza a Milano, frequentando la facoltà di medicina. Di famiglia antifascista, nel 1944 Laura Conti entra nelle brigate del Fronte della gioventù per l’indipendenza nazionale e la libertà di Eugenio Curiel e nell’agosto dello stesso anno è arrestata e deportata nel campo di smistamento di Bolzano dove resta fino al 1° maggio 1945, quando viene liberata. Riprende gli studi di medicina e nel 1949 si laurea. Si specializza in ortopedia in Austria e si occupa in particolare di ortopedia infantile presso alcuni comuni dell’hinterland milanese. Alla sua professione di medica affianca l’impegno politico nel Partito comunista italiano e dal 1960 al 1970 è consigliera provinciale a Milano. “Pur trovando affascinante lo studio, penso che sia importante anche agire ed operare. Per questo motivo ho deciso di fare politica: non basta studiare, bisogna anche darsi da fare”, scrive. Si occupa contemporaneamente di assistenza ai malati, in particolar modo a quelli psichici, e questo la conduce alla scrittura del suo primo romanzo Cecilia e le streghe, pubblicato nel 1963. Per spiegare al vasto pubblico la malattia mentale, un romanzo le appare meglio di cento articoli. Non cambierà più idea.
Tra il 1970 e 1980 è consigliera alla Regione Lombardia, incaricata dal partito di seguire la politica sanitaria. È un impegno che svolge con tale passione da arrivare all’ambientalismo quando la questione ambientale era ancora considerata secondaria. Così, è fra i primi a inaugurare la riflessione sullo sviluppo zero, sulla limitatezza delle risorse e sul nesso tra sviluppo industriale e distruzione della natura. All’ecologia arriva attraverso tre tappe: dalla medicina, rendendosi conto che le vere conquiste nel campo della salute possono essere fatte solo nell’ambito della prevenzione; dalla scoperta dei nessi fra l’economia e l’ecologia, che hanno un “segno” contrario a quello che viene loro attribuito dall’opinione comune e, infine, dalla constatazione di una inadeguatezza della scienza rispetto alla tecnologia. Lo studio dell’ecologia diventa per lei una forma di critica della scienza come storicamente si è sviluppata.
Nel 1976, con l’incidente avvenuto a Seveso (un comune in provincia di Milano) quando dalla fabbrica di prodotti chimici Icmesa esce una nube di diossina, un prodotto altamente tossico, il suo nome diventa decisamente familiare anche al pubblico meno avvertito: è lei che con coraggio e profonda umanità dà avvio a una durissima campagna contro quanti vogliono minimizzare il disastro ed eludere responsabilità politiche e civili. Comincia nel 1977 con Visto da Seveso, un saggio-memoriale che contiene documenti e dati sulla vicenda, mostrando come l’ecologia non sia questione solo di piante e uccelli ma riguardi anche le fabbriche, i lavoratori, le periferie urbane. Poi continua l’anno successivo con il romanzo Una lepre con la faccia da bambina, una storia forte, scritta per essere letta pure dai giovanissimi, che fa conoscere il suo nome anche fuori dai confini nazionali.
Nella convinzione che la cultura ambientalista si debba tradurre operativamente in una pratica politica, lavora alla fondazione della Lega per l’Ambiente (più tardi Legambiente) diventando una presenza autorevole e “difficile” nell’ambientalismo italiano: non rinuncia a insegnare il rigore scientifico e a pretenderlo dagli altri, disdegnando ogni forma di riduzionismo scientifico, mettendo in guardia dai gravi pericoli che derivano per l’ambientalismo scientifico dagli ideologismi e da un’errata visione del rapporto tra umani e ambiente, ragionando sulle contraddizioni in cui cadono alcune donne che collocano la loro riflessione all’incrocio tra femminismo ed ecologia.
Dal 1980 in poi continua a scrivere e a “fare l’ambulante”. Passa i fine settimana in treno per raggiungere la gente, soprattutto i giovani nelle scuole, e tutti coloro che sentono i problemi ecologici come una minaccia incombente contro la quale bisogna prepararsi culturalmente e politicamente. Portatrice di una tesi ecologista radicale, argomentata su base razionale e materialistica, sostiene che in Occidente occorre ridurre i consumi finali, il consumo di energia e di materie prime per evitare il surriscaldamento della superficie del Pianeta e che nel Terzo mondo bisogna ridurre drasticamente l’altissimo tasso di natalità giacché porta con sé il disboscamento e la desertificazione. Era il 1983! Magari l’avessimo ascoltata meglio! Invece, muore all’improvviso nel 1993 dopo avere ormai “litigato” anche con Legambiente.
Laura Conti: una storia ancora attuale
di Adriana Giannini