Ve lo avevamo consigliato tra i libri da regalare sotto le feste ma evidentemente non è piaciuto solo a noi. Per questo ci fa piacere riportare anche la brillante recensione che Lucia Stelli gli ha dedicato su Naturalmentescienza.it, un sito che consultiamo sempre con piacere. Eccovela.
Il libro mi ha attratto da quando ho l’ho visto pubblicizzato sulla seconda di copertina della rivista Pristem perché sapevo che l’autrice è insegnante di scuola secondaria di primo grado e da ex docente di questo livello scolare ero proprio curiosa di conoscere il suo viaggio, non più per ripercorrerlo, quanto per confrontarmici.
Ho quindi letto il libro con grande interesse calandomi facilmente nell’ambiente classe, riconoscendo dinamiche di conduzione che mi appartengono. L’ho trovato un bell’esempio di riflessione sul proprio lavoro, abitudine che fa crescere e che dovrebbe appartenere a tutti i docenti.
So quanto sia difficile navigare in un mare di difficoltà per il gusto di far conoscere, esplorare, capire, affrontare problemi ai propri allievi. Si deve essere preparati a sfidare l’incognito, a sperimentare la frustrazione dell’insuccesso, la tentazione di aggirare l’ostacolo, l’ansia dell’incertezza. Il rischio è di trovarsi intrappolati in un gorgo e non sapere come uscirne, oppure di concludere che non vale la pena spendere tanto tempo per prepararsi all’imprevisto e che è meglio navigare sempre lungo costa per approdare in porti sicuri.
Sono però convinta che un simile coraggio alla fine venga sempre premiato, semplicemente perché affrontare problemi, fare errori, discutere sulla loro comprensione e risoluzione, è una strategia vincente, non è possibile restare a guardare. Come non partecipare se il conducente ha così tante attenzioni per te e si preoccupa che tu ti senta parte dell’equipaggio? Se poi ti chiede aiuto per superare gli ostacoli e raggiungere la meta, come negarglielo? E come non partecipare anche da lettori?
Fin dalle prime pagine è evidente che la professoressa Sabatti sa come motivare i propri alunni: oltre a proporre loro problemi interessanti, li osserva, li ascolta, li sostiene nel dialogo, tutti ingredienti fondamentali per capire i loro comportamenti e da essi, i processi di pensiero messi in atto. La classe ha però una composizione variegata, è un contesto sensibile a tanti fattori interni ed esterni, spesso non controllabili. E’una gran fatica gestirla! Non a caso il diario di bordo trabocca di emozioni contrastanti, si va dallo scoraggiamento totale a sprazzi di ottimismo più o meno palesi. Per rendersene conto basta leggere alcuni passaggi:
“La realtà è che mi sento frustrata. A cosa è servita tutta la mia prevenzione? A cosa è servita la mia lezione?
…dove ho sbagliato?
Faccio fatica a concentrarmi…
Gli ultimi elaborati che guardo mi stroncano definitivamente…
Non capisco. A me sembra di girare sempre attorno allo stesso punto, mi sembra di convincerli tutti ogni volta e poi ogni volta scopro che invece non sono affatto convinti.
Forse le attività che ho proposto in quest’ultimo mese non sono state inutili …
Sto meglio ora che ho capito. Non sono più così arrabbiata…
Teresa e Giacomo m’ hanno tolto la parola di bocca, anzi, forse sono stati anche più chiari di quanto avrei saputo essere io. Però mi sembra di poter dire che abbiamo fatto un buon lavoro tra ieri e oggi, senza il quale nessuno di noi sarebbe arrivato a queste conclusioni.”
Che cosa c’è di più gratificante per un’insegnante di vedere che i propri alunni arrivano da soli, ti tolgono le parole di bocca?
Insomma chi legge non può rimanere indifferente, si riconosce in questi stati d’animo altalenanti e finisce per essere conquistato da questo spaccato di matematica vissuta. Si convince anche che i ragazzi stanno bene mentre fanno matematica perché collaborano, hanno voglia di misurarsi con i problemi, si sforzano di comunicare nel modo più chiaro possibile.
E’anche per questo che viene voglia di provare le attività svolte, almeno quelle che appaiono più vicine agli argomenti che usualmente si affrontano durante la classe terza.
Personalmente mi ha conquistato “C’è scatola e scatola”, attività in cui si chiede di confrontare superficie e volume di solidi familiari (cubo e parallelepipedo) tra i quali c’è una particolare relazione tra gli spigoli. La parte più interessante è senz’altro la discussione sulla generalizzazione del problema per via algebrica, cosa che porta a ragionare sul significato delle formule. Basta leggere quello che dice un alunno alla fine del percorso per rendersi conto del salto di livello di comprensione che ha fatto. Di colpo una scrittura astratta viene ad assumere una concretezza prima di allora inimmaginabile!
“Io pensavo che le formule servissero solo per dire che numeri bisogna prendere per fare i calcoli. Come la formula dell’area del trapezio…Invece qui per rispondere e capire chi ha il volume più grande, non potevamo andare a buttare nella formula tutti i numeri possibili perché non avremmo mai finito. Praticamente bisogna guardare la formula così com’è, senza andare a calcolare con i numeri e così possiamo dire delle cose come per esempio che il volume della scatola fatta a forma di cubo di spigolo s è più grande di quella della scatola fatta a forma di parallelepipedo di spigoli, s, s + k e s – K.”
Utile per approcciare l’astrazione algebrica è anche la lettura di “Fra lettere e numeri “ il primo dei tre “Avvisi ai naviganti”, scritti da Maria Dedò. Vi si trovano indicazioni didattiche per costruire un retroterra significativo su cui ancorare le formalizzazioni future.
Indubbiamente l’esperienza nei corsi di formazione MathUp (https://www.mateinitaly.it/mathup/) e il ruolo di curatrice insieme a Maria Dedò del sito di “Problemi per matematici in erba” (https://www.problemi.xyz/ ) hanno permesso a Sofia Sabatti di costruire nel tempo materiali didattici preziosi. La competenza matematica però da sola non basterebbe se non ci fossero la preparazione e la sensibilità didattica per gestire il lavoro di classe. Ed è proprio l’ambiente classe la cosa più bella di questo libro. Un ambiente in cui come afferma l’autrice gli “…alunni possono sbagliare il modo “protetto” senza farsi troppo male”.
Condivido pienamente la riflessione sul ruolo dell’insegnante che ne consegue:
“Forse dare loro l’occasione di sbagliare è la cosa migliore da fare, se si vuole che imparino qualcosa!”
Ecco un altro pregio del libro: quello di offrire occasioni per riflettere sugli errori degli alunni, e anche degli insegnanti. Un’ occasione di formazione da non perdere!