La disciplina arriva dalla Svezia e in breve tempo ha conquistato anche l’Italia dove si sono formati numerosi gruppi di “raccoglitori”. Fermati solo dalla pandemia
Non necessita di un abbigliamento particolarmente studiato o di attrezzi costosi e poco accessibili. Servono però tanta forza di volontà per praticarlo e uno spiccato senso civico. Il plogging, la disciplina che arriva direttamente dalla civile Svezia, sposa la voglia di mantenersi in forma con l’amore per l’ambiente. Plogging deriva dall’unione di plocka upp che significa “raccogliere” e jogging. In sostanza, chi pratica questo sport corre o cammina in città preoccupandosi anche di raccogliere i rifiuti abbandonati per strada: bottiglie, lattine, cartacce, sigarette e così via. Principio base è quello di raccogliere differenziando e dunque scegliendo, di giorno in giorno, il tipo di rifiuto da scovare durante la corsa. Non sorprende che questo nuovo tipo di attività fisica sia nato proprio nel nord Europa dove da sempre l’attenzione all’ambiente è uno dei focus dei governi e un tema che riscuote larghi consensi tra i cittadini.
L’Italia ha voluto fare la sua parte non soltanto importandolo ma creando veri e propri gruppi di “raccoglitori” che si allenano insieme in ogni città ripulendo i marciapiedi dai rifiuti. Se questo 2020 ha registrato uno stop delle attività di gruppo causa coronavirus, lo scorso anno si è svolto il “Keep Clean and Run”, il plogging più lungo d’Italia, con un percorso di ben 730 km, dal Monviso al Delta del Po. Una super-maratona in sette giorni che ha visto la partecipazione a piedi o in bici di tantissimi appassionati ed esperti come, ad esempio, il divulgatore scientifico Roberto Cavallo. L’attrezzatura base per il plogging si compone di appena tre oggetti: scarpe da corsa, un paio di guanti (meglio se da lavoro e non monouso per evitare inutili sprechi) e un sacchetto per la raccolta differenziata. Si può scegliere di farlo singolarmente, decidendo in partenza quali rifiuti scovare e gettare via, oppure organizzarsi in gruppo stabilendo un tipo di rifiuto a testa. Ciò che accompagna chi pratica questo sport è la sensazione “di fare la cosa giusta, per sé stessi e per gli altri”, come afferma Fabrizio Festuccia, consigliere del direttivo di “Mi Attivo”, la no profit con sede a Roma che coordina Plogging Italia. “È uno sport – continua Festuccia – che fa stare bene e che andrebbe proposto anche a scuola attraverso l’insegnamento dell’educazione civica appena reintrodotta come materia obbligatoria. Io faccio plogging anche da solo. Soprattutto nel corso del lockdown non ci è stato possibile organizzare uscite di gruppo, ma la soddisfazione di vedere una strada completamente ripulita non ha prezzo”. Festuccia sottolinea come lo sport non intenda sostituirsi a quelle che sono le attività lavorative di altri, ma “si può dare un contributo importante e una città pulita è una città più vivibile per tutti”.
Prima che il coronavirus si abbattesse inesorabilmente sulle nostre vite, il plogging aveva già registrato un numero cospicuo di fan nel nostro Paese. A gennaio 2020, ad esempio, in una sessione organizzata dagli studenti del Liceo “Deledda” di Lecce, furono raccolte ben due tonnellate di rifiuti in appena tre ore. “Questa iniziativa – spiegò il sindaco di Lecce Carlo Salvemini a Il Quotidiano di Puglia – è importante perché educa al rispetto dello spazio pubblico e alla cura dell’ambiente urbano, che dobbiamo abituarci a considerare non come lo sfondo anonimo dei nostri spostamenti ma un’estensione della nostra casa. Noi ci proviamo, anche in forme nuove e coinvolgenti, come il plogging. Oggi lo abbiamo fatto insieme a centinaia di studenti, molti dei quali per la prima volta hanno guardato alla strada con occhi nuovi, accorgendosi di ciò che nella quotidianità magari non desta la loro attenzione”.
Se è vero che i giovanissimi sono molto più attenti all’ambiente rispetto ai loro padri, è anche vero che un’attività come questa che può essere praticata a tutte le età (il plogging può essere fatto anche solo camminando) permetterebbe di rieducare al senso civico anche tanti adulti che appaiono sempre più disinteressati e distanti da temi così centrali per il futuro delle giovani generazioni.