Forse non è vero che “gli uomini preferiscono le bionde” come suggerisce il film con Marilyn Monroe. Qualche studio scientifico, infatti, ci permette di affermare che probabilmente le donne preferiscono gli uomini con il viso quasi simmetrico. Perché quasi? Perché sebbene tutti i nostri volti presentino una simmetria bilaterale, a guardar bene tale simmetria è solo grossolana dal momento che nessuno ha il viso perfettamente simmetrico. Abbiamo sì due occhi, due sopracciglia, due orecchie, due narici, due incisivi, ma quasi sicuramente uno dei due occhi è un po’ più grande dell’altro, una delle due orecchie è attaccata più in basso, uno degli incisivi è un po’ più sporgente; insomma siamo tutti molto lontani dalla precisione matematica che chiama “a simmetria bilaterale” una figura i cui lati destro e sinistro siano identici a meno di una riflessione rispetto all’asse che li divide o, detto con altre parole, i cui lati destro e sinistro siano uno l’immagine speculare dell’altro.
Fate questo semplice esperimento: prendete una foto che vi ritrae in primo piano e mettete uno specchio lungo la linea immaginaria che divide la parte sinistra del vostro viso da quella destra. La somiglianza all’originale del volto ottenuto incollando ciascun mezzo viso alla sua immagine riflessa è spesso molto scarsa.
Nelle immagini qui sopra, la seconda e la terza immagine sono ottenute rispettivamente prendendo la metà sinistra (risp. destra) della fotografia originale e incollandola con la sua immagine riflessa. Le due figure femminili, così ottenute, sono molto simili all’originale mentre quelle maschili non gli assomigliano per niente. Questo significa che il volto femminile originale è più simmetrico di quello maschile e per questo (forse) ci piace di più!
La predilezione per la simmetria non è comunque una prerogativa umana: ci sono specie di uccelli, per esempio, le cui femmine preferiscono accoppiarsi con i maschi che hanno una coda simmetrica. Il perché non è chiaro: chi vede in una coda simmetrica il risultato di buoni geni e di un sistema di sviluppo perfettamente funzionante tende a
ritenere che si tratti di selezione naturale. D’altra parte, la preferenza per la simmetria potrebbe essere dovuta anche a un sistema visivo addestrato a riconoscere le code: tale sistema, fatto per reagire quando ne incontra una, il più delle volte pendente da una parte o dall’altra, reagisce ancor più vigorosamente davanti a una coda simmetrica,
perché in tal caso registra due volte l’informazione “questa è una coda”.
Il regno animale è comunque pervaso dalla simmetria (ancorché approssimativa): oltre a quella bilaterale, che condividiamo con quasi tutte le specie terrestri, l’analisi delle creature sottomarine ci porta a considerare tipi di simmetria un po’ più complicati.
La stella marina, per esempio, è fatta di cinque braccia più o meno identiche e la sua simmetria più evidente è quella rotazionale: fissato il centro della stella, ogni volta che la si ruota di un quinto di giro si ottiene infatti un’immagine sovrapponibile.
La stella presenta comunque anche una simmetria bilaterale: sezionandola infatti con un asse che divide a metà – nel verso della lunghezza – una delle braccia, restano individuate due porzioni, contenenti ciascuna due braccia e mezza e sovrapponibili tramite una riflessione rispetto all’asse considerato. A differenza del volto umano però, in cui l’asse
di simmetria è unico, nella stella marina i possibili assi di simmetria sono ben cinque, uno per ogni braccio. Rispetto all’uomo, insomma, verrebbe voglia di dire che la stella marina ha più simmetrie.
Pensiamo poi alle meduse: ognuna di loro è formata da un ombrello e da un manubrio. L’ombrello è attraversato da canali radiali che sono 4 o suoi multipli e il suo bordo è prolungato da tentacoli a intervalli regolari. Se ruotiamo la medusa schematizzata in figura di un ottavo di giro rispetto al manubrio, otteniamo un’immagine perfettamente sovrapponibile: anche la medusa, quindi, presenta una simmetria rotazionale. A differenza della stella marina, tuttavia, la medusa non ha alcuna simmetria bilaterale: stavolta, infatti, i tentacoli presentano una vescicola sulla punta, che li rende asimmetrici. Se quindi riflettessimo la medusa rispetto a un asse a metà fra due tentacoli, otterremmo una figura non sovrapponibile all’originale.
Per trovare simmetrie ancora più ricche, basta scendere qualche gradino nella scala di complessità degli organismi in esame. Troviamo così i radiolari, microscopici organismi marini unicellulari presenti nel plancton. I loro scheletri, composti nella maggioranza dei casi da silicio, hanno bellissime forme reticolari. Tra le tante possibili, già alla fine dell’Ottocento se ne erano osservate alcune particolarmente interessanti. Lo scheletro del Lithocubus, per esempio, ha sei facce quadrate e ognuna di esse ha simmetrie di rotazione (un quarto di giro e i suoi multipli) e simmetrie bilaterali (rispetto ai due assi centrali e alle due diagonali). Le simmetrie di ogni faccia danno luogo a simmetrie di tutto il cubo: ruotando o riflettendo una faccia, infatti, ruotiamo o riflettiamo tutto il cubo. Di conseguenza, il Lithocubus geometricus presenta ben 48 simmetrie, 24 rotazionali e altrettante bilaterali. Rispetto alla medusa o alla stella, e ancor più rispetto all’uomo, saremmo proprio tentati di dire che questo organismo così elementare è di gran lunga il più simmetrico.
Ma ha senso dire che un oggetto ha “più simmetria” di un altro? E che cos’è, esattamente, una simmetria? Innanzi tutto chiariamo che il termine simmetria, che nel linguaggio comune individua una non meglio determinata proprietà di ordine e armonia di un oggetto, è in matematica un concetto ben preciso. Chiamiamo simmetria un qualunque movimento dell’ambiente in cui immaginiamo immerso l’oggetto (il piano per una foto e lo spazio per un cubo, per esempio) che consente di “lavorare” sull’oggetto senza che sia possibile rendersene conto. Immaginate, per esempio, di essere a occhi chiusi di fronte alla stella marina della pagina precedente e che qualcuno la ruoti attorno al suo centro. Se quando riaprite gli occhi non siete in grado di dire se si è mossa o meno. Allora, quella rotazione è una simmetria della stella.
La struttura matematica che codifica le proprietà di simmetria di un oggetto si chiama gruppo di simmetria. Il sostantivo “gruppo” sta a indicare che tale entità è qualcosa di più rispetto all’insieme di tutte le simmetrie dell’oggetto stesso. Si tratta, infatti, del dato di tale insieme e di una sorta di “aritmetica” che descrive non solo il numero di elementi dell’insieme ma anche la loro natura e il modo in cui si combinano tra loro.
Determinare il gruppo di simmetria di un oggetto consente di distinguerlo da altri, apparentemente simili, e viceversa consente di metterlo in relazione con altri ancora, a prima vista molto diversi, che invece ne condividono determinate caratteristiche formali. Il viso umano, per esempio, è accomunato a quello di molti altri animali terrestri (il cane, il gatto, la cocorita, ..) dall’avere gruppo di simmetria Z2. Così dicendo, intendiamo dire che è mandato in sé da due sole trasformazioni, la riflessione rispetto all’asse di cui si è già parlato e l’identità, ovvero la trasformazione che non muove nulla. E chi, a questo punto, sia tentato dal dire che, se non muove nulla, l’identità potremmo anche evitare di considerarla, pensi un po’ bene a cosa sarebbe dell’aritmetica se decidessimo di punto in bianco di eliminare lo zero!
Dicendo che una stella marina ha gruppo D5 condensiamo l’informazione che le sue simmetrie sono rotazioni e riflessioni: precisamente, il numero 5 indica che le rotazioni che fissano la stella sono quelle di un quinto di giro attorno al suo centro e tutti i suoi multipli (per un totale di 5 rotazioni distinte), mentre la lettera D serve a segnalare
la presenza di assi di simmetria (e quindi di riflessioni), che sono necessariamente tanti quante le rotazioni (e cioè 5). Una stella con sei braccia non ha la simmetria di una a cinque braccia: la differenza è immediatamente codificata dal dire che la seconda stella non ha più gruppo D5 bensì D6 .
Come la stella marina, hanno simmetria rotazionale quasi tutti gli organismi sessili (aggettivo che indica semplicemente che vivono ancorati al suolo marino). Non potendo muoversi, questi organismi sono fatti in modo da potersi procacciare il cibo equamente in tutte le direzioni. Molti dei coralli, per esempio, hanno D8 come gruppo di simmetria, a significare che sono fissati dalla rotazione di 1/8 di giro, dai suoi multipli e da 8 riflessioni rispetto
ad altrettanti assi di simmetria. La medusa del nostro disegno, invece, verrà classificata come un C8 , a indicare che viene anch’essa fissata da otto rotazioni (le stesse del corallo), ma stavolta di assi di simmetria non ce ne sono (e per
questo la lettera non è più D ma C).
Coerentemente, quindi, a una medusa con sedici tentacoli, che come tale viene fissata dalla rotazione di angolo 1/16 del giro e dai suoi multipli e non presenta alcun asse di simmetria, dovremo associare il numero 16 e la lettera C, ovvero il gruppo C16. Sebbene, quindi, questa medusa abbia lo stesso numero di simmetrie dell’ottocorallo, le
loro forme sono diverse, come segnalato immediatamente dal gruppo di simmetria, che è un C nel primo caso e un D nel secondo. Se ci mettiamo a contare il numero di elementi di ognuno dei gruppi di simmetria visti finora (e che
nella terminologia matematica si chiama ordine del gruppo stesso), scopriamo che Z2 ne ha due, D5 dieci, C8
otto e i gruppi dei radiolari ventiquattro, quarantotto o centoventi. Si tratta sempre, quindi, di numeri finiti. Ma perché tarparsi le ali? Il riccio marino, se lo modellizziamo come una sfera con aculei radiali disposti su tutto il corpo, ha moltissimi assi di simmetria. Questi sono di fatto tanto maggiori quanto più sono fitti gli aculei: se addirittura spingiamo all’estremo l’immaginazione, infittendo più possibile gli aculei fino all’astrazione di un riccio perfettamente omogeneo e isotropo, otteniamo un oggetto il cui tipo di simmetria è quello della sfera, e come tale infinito!