Una laurea, in Italia, offre realmente maggiori opportunità lavorative? Se lo chiedete ai laureati in discipline Stem (acronimo inglese che indica Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) la risposta è sicuramente sì. A confermarlo è il rapporto Education at a glance 2019 stilato dall’Ocse, che conferma che i laureati in queste discipline hanno anche nel nostro Paese un tasso di occupazione in linea con il resto del mondo (cosa che non succede, ad esempio, per i laureati in discipline giuridiche e umanistiche). Nella stessa direzione si muove anche il World Economic Forum, indicando come profili emergenti per il prossimo quinquennio proprio quelli legati alle Stem. Basterà questo a convincere i nostri studenti? Purtroppo, al momento, no, se si considera che solo il 27% di loro intraprende un percorso post-liceale di questa natura, con un trend più o meno stabile da 10 anni (e con un gender gap che non accenna a diminuire: solo 1 studente su 4 è di sesso femminile, nonostante le performance siano del tutto analoghe).
Evidentemente il problema è altrove e le difficoltà del percorso, da molti neodiplomati segnalate come una delle principali motivazioni per la scelta di un percorso differente, rimangono scoraggianti.
Soluzioni semplici e immediate non ne esistono ma sicuramente le istituzioni, la scuola in primis, dovranno cercare un approccio diverso alle discipline Stem per renderle più attrattive e garantire attraverso un’adeguata formazione opportunità lavorative concrete e che diano accesso a posizioni rilevanti alle nuove generazioni.