Come saranno i cittadini di domani? Come sta svolgendo il suo compito la scuola? Che cosa è importante per i cittadini sapere e saper fare? Sono queste le domande alle quali prova a rispondere l’indagine Ocse-Pisa, i cui risultati – diffusi lo scorso dicembre – hanno suscitato tanto clamore. Dei numeri, della loro lettura e della loro interpretazione avrete modo di leggere nell’ampio sfoglio all’interno del giornale.
L’indagine Ocse-Pisa non si focalizza sulla padronanza di contenuti curricolari, ma sulla misura con cui gli studenti sono in grado di utilizzare competenze acquisite durante gli anni di scuola per affrontare e risolvere problemi e compiti che si incontrano nella vita quotidiana e per continuare ad apprendere in futuro. Tenendo presente questo, assumono maggiore evidenza alcuni spunti contenuti nella ricerca. Il primo riguarda le aspettative. Ricordiamo che il test è stato condotto su ragazzi e ragazze nati nel 2002. Ebbene, in molti hanno la consapevolezza che non è possibile andare troppo per il sottile e sognare. Succede così che molti studenti che pure hanno ottenuto risultati elevati, hanno ambizioni inferiori a quanto ci si aspetterebbe sulla base del loro rendimento scolastico, soprattutto tra quelli con livello alto di rendimento ma svantaggiati dal punto di vista socio-economico.
In Italia, due studenti svantaggiati su cinque che raggiungono alti livelli di rendimento non si aspettano di completare l’istruzione terziaria. Sono numeri difficili da digerire, soprattutto di fronte ai sette su otto studenti socio-economicamente avvantaggiati con alto rendimento che invece mostrano fiducia nella loro carriera scolastica. In Italia, gli studenti socio-economicamente avvantaggiati hanno ottenuto risultati migliori rispetto agli studenti svantaggiati di 75 punti in lettura. Secondo i criteri utilizzati dall’Ocse, 30 punti corrispondono circa a un anno di scuola. Significa che la condizione socio-economica crea un solco di due anni nella preparazione dei ragazzi. In Italia solo uno studente su dieci riesce a ribellarsi al proprio destino collocandosi nel quartile superiore del rendimento in lettura.
L’indagine Ocse offre anche altri spunti per interpretare i risultati finali. Ad esempio, rispetto agli studenti quindicenni di altri paesi Ocse, gli italiani hanno perso una maggiore quantità di tempo-scuola a causa di assenze e indisciplina in classe. Uno studente su tre, inoltre, ha riferito che il suo insegnante di italiano, all’inizio della maggior parte delle lezioni, deve attendere a lungo perché gli studenti si calmino. Gli studenti che hanno lamentato questo disagio hanno ottenuto 21 punti in meno in lettura rispetto agli studenti che hanno riferito che questo non succede mai o succede solo in alcune lezioni.
Vincenzo Mulè – Direttore responsabile