In principio fu la monetina. Nella semifinale del Campionato europeo del 1968 graziò l’Italia nella semifinale giocata contro l’allora Urss. A lanciarla fu il capitano Facchetti, che dovette ripetere l’operazione due volte perché il primo lancio andò a incastrarsi in una fessura dello spogliatoio. Poi, fu la volta della “ripetizione del-la partita”: il match finito in pareggio si doveva ripetere nel giro di 24 ore. Anche in questo caso la sorte sorrise all’Italia, che nella finale dell’edizione dello stesso Europeo della monetina sconfisse al secondo tentativo la Jugoslavia. Il primo round era finito 1-1. Terminati gli esperimenti, per decidere il risultato di una partita chiusa in pareggio si arrivò alla cosiddetta “lotteria dei calci di rigore”, applicata per la prima volta nella semifinale dei mondiali del 1982 tra Francia e Germania (che verrà ricordata dai francesi come la “notte di Siviglia”). Da allora, salvo qualche sporadica e fallimentare sperimentazione (vedi il golden gol, con l’Italia ancora una volta protagonista… in negativo però) ogni partita, che deve necessariamente decretare un vincitore, si risolve con i tiri dal dischetto. Ma siamo sicuri sia il metodo più giusto?
Negli ultimi anni, fisici, matematici, economisti e psicologi hanno provato a dare una risposta a questa domanda adattando modelli matematici quantitativi, algoritmi di varia natura, confrontando dati e analisi statistiche e i risultati non sono stati incoraggianti. Ancora prima di sistemare il pallone sul dischetto, infatti, è bene sapere che esistono diversi fattori che hanno già in parte determinato l’esito della sfida.
Il primo e più importante dei fattori è psicologico: a stabilirlo è uno studio portato avanti da J. Brams e Mehmet S. Ismail secondo il quale la vittoria finale in una sfida a rigori oggi è determinata fin dal lancio della moneta necessario per stabilire i turni dal dischetto. Secondo i dati, la squadra che tira e segna nel suo primo turno costringe la seconda ad una prestazione con forti pressioni psicologiche per tenere il passo. Una convinzione confermata proprio dalle statistiche basate su uno studio di tutti i principali tornei di calcio avvenuti tra il 1970 e il 2008 – tra cui coppe del mondo, campionati europei, coppe americane, coppe delle nazioni africane e coppe d’oro. “Il vincitore del lancio della moneta sceglie quasi sempre di calciare per primo perché le statistiche gli assegnano il 60% delle probabilità di vittoria. Abbiamo pensato – ha detto uno dei due studiosi, Ismail – che questo fosse un gap significativo, considerando l’importanza delle partite per le squadre”. Allenatori e giocatori sono ben consapevoli del vantaggio. Quando è stato chiesto in un sondaggio se sceglievano di andare per primi o secondi dopo aver vinto il lancio della moneta, oltre il 90% ha dichiarato che sarebbe andato per primo.
Lo studio di Ismail e Brams parte da un’altra ricerca effettuata qualche anno prima da Ignacio Palacios-Huerta, professore di Management alla London School of Economics che ha dedicato diversi studi statistici ai rigori (alcuni associati anche all’economia). La conclusione è la medesima e cioè: per ristabilire l’equilibrio basta cambiare l’ordine dei tiri, passare cioè dall’attua-le sistema ABAB (nel quale la squadra A ha il vantaggio rispetto alla squadra B di tirare per prima in ogni singolo round) ad un sistema ABBA dove l’ordine di tiro viene invertito ad ogni turno. In questo modo la pressione psicologica dovuta al fatto di tirare per secondi viene redistribuita su entrambe le squadre in maniera paritaria e la sintesi conferma la riduzione del divario statistico (nelle probabilità di vittoria) tra la squadra A e la squadra B. La regola è già utilizzata nel tie-break del tennis e sicuramente sembra più equa, almeno finché c’è un numero pari di round (quindi ogni squadra può calciare prima lo stesso numero di volte).
Lo studio di Ismail e Brams però aggiunge un ulteriore elemento sintetizzabile nella “regola del recupero”, secondo la quale la squadra che va per prima in un turno dovrebbe essere quella che ha perso nell’ultimo turno di battuta. Se l’ultimo turno è finito in un pareggio (entrambe le squadre A e B hanno segnato o sbagliato il tiro), allora la squadra che deve andare per prima dovrebbe essere quella che è arrivata seconda nel turno precedente. L’unico calcio ad essere deciso dal lancio di una moneta quindi dovrebbe essere il primo.
“La regola del catch-up – ha spiegato Ismail – offre un’opportunità alla squadra che ha fatto peggio nel round precedente [per recuperare il ritardo], quindi i punteggi si sviluppano con valori più vicini tra loro”. “Ciò rende il gioco più competitivo e anche più eccitante da guardare: è una situazione win-win: è un vantaggio per i giocatori ed è anche positivo per gli spettatori”.
Ma cosa ne pensano i calciatori? Lo abbiamo chiesto a Dino Zoff, ex portiere della Nazionale campione del mondo e allenatore azzurro nella finale degli Europei del 2000 con la Francia: “La semifinale con l’Olanda fu decisa ai rigori. Dovetti convincere Di Biagio, a tirare per primo, dopo l’errore ai mondiali del ‘98. Era terrorizzato ma segnò ed effettivamente vincemmo. A Luigi però non tirai fuori le statistiche ma lo tranquillizzai dicendogli che essendo il primo tiro poteva pure sbagliarlo perché avevamo il tempo di recuperare”. Ancora più convinto della bontà dei numeri statistici è un altro campione del mondo, Vincent Candela: “È vero, l’elemento psicologico nei rigori è fondamentale. Quando si arriva in quel momento però non si pensa molto al fatto di essere primi o secondi nella battuta quanto a fare gol. Si è da soli e i numeri, anche se veritieri, non ti fanno compagnia”.
da Prisma n.5 | Marzo 2019